Ottava pagina Tropico del Cancro

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Ho finito di leggere il libro di Henry Miller: Tropico del Cancro
Oggi niente lavoro. Domenica,  e ormai notte. Mi sono come barricata dentro le mura di casa in una stanchezza prorompente, in una solitudine che non è tale, in un riposo dei muscoli, in un bisogno di cibo compulso. Non mi è certo dispiaciuto leggerlo, anzi ne ho apprezzate molte di pagine. Ora l’ho finito di leggere e per me è presto dire cosa ne penso… cosa è per me interessante o cosa non mi è sceso giù e risposte su questa scia. In verità penso che domande del genere non si debbano mai fare dopo avere letto un libro, visto, ascoltato una opera su qualsiasi mezzo espressa, perché atrofizzano il pensiero libero; fanno scattare e muovere il commento su certi binari convenzionali. È come se dovessimo compilare una scheda precompilata. Sarebbe più interessante chiedere di parlare del tale libro, della tale opera e ascoltare l’altrui parere.
È considerato un romanzo erotico perché parla di sesso. Parla di sesso perché racconta le sue scopate e quelle dei suoi amici, ma non aggiunge tanto altro, non vi sono narrazioni di troppi particolari o astrazioni relative ai fatti. Per me l’erotismo non può avere sempre un esito così concreto. Ci sono i fatti. Atti desiderati fortemente e messi in pratica per il puro godimento di sentirsi vivo e per necessità. Parla di sesso come parla di cibo. Un bisogno di cui non può farne a meno.
Descrizioni materiche giungono presto all’osso senza girarci troppo intorno. Ma non vi è una narrazione solo corposa e contingente. Parallela ne scorre una sotterranea, incuneata nella ferita, insonne, delirante, veggente. Il protagonista sembra coincidere con il narratore e l’autore.
Mi è piaciuto un aspetto perdurante nell’intero romanzo: la consapevolezza di scrivere per volere scrivere una storia, forse  la sua nello specifico, ma niente di più. Non ha ceduto alla tentazione di scrivere chissà quali verità. Vi sono citazioni e riferimenti a pittori , scrittori,… perché  è cosi che noi li incontriamo nel nostro percorso di vita, non proprio perché li abbiamo dovuti studiare. Sicuramente il suo è un punto di vista maschile, ma lui tale si sente. Anzi dice di essere disumano:

«Non ho nulla a che fare con la cigolante macchina dell’umanità — io appartengo alla terra! Lo dico giacendo sul cuscino e sento le corna che mi spuntano dalle tempie»

«È l’autunno del mio secondo anno a Parigi. Ci sono stato mandato per una ragione che ancora non sono riuscito a penetrare. Non ho soldi, né risorse, né speranze. Sono l’uomo più felice del mondo. Un anno, sei mesi fa, pensavo d’essere un artista. Ora non lo penso più, lo sono»

«Solo più tardi, nel pomeriggio, quando mi ritrovo alla galleria d’arte in rue de Séze, attorniato dagli uomini e dalle donne di Matisse, solo allora mi sento di nuovo tratto nei giusti confini del mondo umano. […] sosto un attimo a riavermi dal colpo che si prova quando il naturale grigiore del mondo va a pezzi ed erompe il colore della vita, in canto e in poesia»

«Soltanto coloro i quali lasciano entrare la luce nelle proprie viscere riescono a tradurre quel che c’è nel cuore»

{Il Sole entra nel segno zodiacale del Cancro nel solstizio d’estate. Il tropico del Cancro è il tropico situato nell’emisfero boreale; il parallelo in cui il Sole culmina allo Zenit un giorno all’anno (nel solstizio di giugno) con una parabola apparente molto ripida all’orizzonte… La posizione del tropico del Cancro non è fissa, varia nel tempo con spostamento verso Sud di circa mezzo secondo (0,47″) di latitudine ogni anno…}

«Pensai a tutte le cose che avrei potuto dire o fare, che non avevo detto né fatto, in quei momenti amari, umilianti, quando chiedere una crosta di pane ti fa sentire meno d’un verme. Anche se ero perfettamente sobrio, soffrivo ancora di quegli antichi insulti e offese. Sentivo ancora quella botta sul culo che mi dette la guardia al parco – anche se questa era una bagatella, una lezioncina di ballo, diciamo pure. […] Dappertutto la stessa storia. Se volevi un tozzo di pane dovevi metterti alla stanga, stare al passo. […] Produzione! Più dadi e bulloni, più filo spinato, più biscotti per i cani, più falciatrici d’erba, più cuscinetti a sfere, più esplosivi ad alto potenziale, più carri armati, più gas asfissianti, più sapone, più dentifricio, più giornali, più istruzione, più chiese, più biblioteche, più musei.  Avanti! Il tempo incalza. L’embrione preme sul collo dell’utero, e non c’è nemmeno uno scaracchio che agevoli l’uscita. Una nascita secca, asfissiante. Non un gemito, non un cinguettio. Salut au monde»

Lascio l’ottava  pagina con questo asciutto saluto di Henry Miller. Non so perché  ho scelto queste citazioni dal suo romanzo e non altre. Cosa mi ha fatto scegliere in loro favore, mi chiedo. Il mio credito al caso, e qui ci fermiamo.

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