Trascrivo qualche battuta tratta da un testo teatrale che ho scritto anni fa. Il testo si intitola: Lavare i panni.
Non esprimerò commenti sul contenuto. Lo preferisco. Ai tempi apostrofavo di più rispetto a oggi; generalizzavo nel maschile anche per rivolgermi al femminile, per esempio: tutti erano felici, invece di tutti e tutte erano felici.
Diverso è anche l’uso della punteggiatura.
ATTO PRIMO
Viola è in piedi, di schiena in un angolo. Luci basse, un lume o una lampada o una fonte luminosa non alta, che dal suolo illumina la scena, Zar è seduto su un grande tappeto. Nella stanza c’è una scala di legno, anch’essa né altissima né alta. Prima dell’apertura del sipario si udirà qualche parola della conversazione tra Viola e Zar.
Sipario
ZAR: Viola, le tue domande superano le tue risposte.
VIOLA: (Guarda Zar fissamente, increspando una parte della fronte, lanciando un raggio indagatore per comprendere l’entità di quella affermazione).
ZAR: Non guardarmi come se avessi detto qualche frase ambigua o scontata.
VIOLA: In effetti ti guardo, perché sto pensando a quello che mi hai detto. E le domande superano sempre le risposte! E possono, anche rimanere senza risposte, ma non per questo dovrò smettere di farle nascere.
ZAR: Va bene va bene, fatti tutte le domande possibili, impossibili, astruse, monotone, psicopatiche, disumane, angoscianti che la tua faticosa ragione formuli.
VIOLA: (Guardando il vuoto) Il vero problema sai quale è? Anzi non dirlo, te lo dirò io. La domanda più bestiale che si ridesta me, come una belva ferita, è il perché si scelga un certo tipo di vita. Perché gli esseri umani, la maggior parte di loro, scelgono un percorso più dis-umano per vivere? Ma cos’è umano, disumano?
ZAR: Domanda terribilmente legittima, destinata comunque a rimanere senza risposta.
VIOLA: (In un crescendo emotivo) Come è difficile, per me, vivere nel contesto sociale in mezzo a bulloni che mi stritolano come ingranaggi che stringono, piagano, umiliano…
ZAR: Ancora non hai imparato a difenderti?
VIOLA: Ma sì che ho imparato, altrimenti come potrei essere qui a parlare con te. È questa difficoltà di vivere percependo tutto ciò che c’è dietro la stessa vita che si riesce a vivere…